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Solennità di Tutti i Santi e Commemorazione dei fedeli defunti. Orari delle Celebrazioni

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𝐒𝐨𝐥𝐞𝐧𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐓𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐢 𝐒𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐞 𝐂𝐨𝐦𝐦𝐞𝐦𝐨𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐟𝐞𝐝𝐞𝐥𝐢 𝐝𝐞𝐟𝐮𝐧𝐭𝐢

"𝐿𝑒 𝑎𝑛𝑖𝑚𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑔𝑖𝑢𝑠𝑡𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑚𝑎𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝐷𝑖𝑜. 𝐴𝑔𝑙𝑖 𝑜𝑐𝑐ℎ𝑖 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑠𝑡𝑜𝑙𝑡𝑖 𝑝𝑎𝑟𝑣𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑚𝑜𝑟𝑖𝑠𝑠𝑒𝑟𝑜, 𝑚𝑎 𝑒𝑠𝑠𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑎𝑐𝑒" (offertorio, Sap. 3, 1-9)

Con venerdi 31 entriamo nella grande solennità di "Tutti i Santi". 𝑳𝒆 𝒄𝒆𝒍𝒆𝒃𝒓𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊, 𝒑𝒖𝒓 𝒆𝒔𝒔𝒆𝒏𝒅𝒐 𝒅𝒊 𝒔𝒂𝒃𝒂𝒕𝒐, 𝒉𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒄𝒂𝒓𝒂𝒕𝒕𝒆𝒓𝒆 𝒇𝒆𝒔𝒕𝒊𝒗𝒐 (𝒆 𝒅𝒐𝒎𝒆𝒏𝒊𝒄𝒂𝒍𝒆). Questi gli orari: 𝐕𝐞𝐧𝐞𝐫𝐝𝐢 𝟑𝟏 𝐨𝐭𝐭𝐨𝐛𝐫𝐞 𝟐𝟎𝟐𝟓: - Esposizione Eucaristica ore 17.00 - Canto dei Primi Vespri ore 17.30 - Santa Messa Vigiliare (prefestiva) ore 18.00 𝐒𝐚𝐛𝐚𝐭𝐨 𝟏 𝐍𝐨𝐯𝐞𝐦𝐛𝐫𝐞 𝟐𝟎𝟐𝟓: - Santa Messa ore 09.00; - Santa Messa ore 11.00; - Santa Messa ore 18.00; 𝐃𝐨𝐦𝐞𝐧𝐢𝐜𝐚 𝟐 𝐍𝐨𝐯𝐞𝐦𝐛𝐫𝐞 𝟐𝟎𝟐𝟓: 𝑆𝑖 𝑐𝑒𝑙𝑒𝑏𝑟𝑎 𝑙𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑚𝑒𝑚𝑜𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑖 𝑖 𝑓𝑒𝑑𝑒𝑙𝑖 𝑑𝑒𝑓𝑢𝑛𝑡𝑖. Gli orari sono i consueti della Domenica: - Santa Messa ore 09.00; - Santa Messa ore 11.00; - Santa Messa ore 18.00;

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Novena in preparazione alla commemorazione dei fedeli defunti

Scarica il Libretto della Novena

Prega con noi anche se sei in casa tua!

Abbiamo reso disponibile tramite il download del pdf che trovate qui sotto il libretto della novena che viene recitata in chiesa al termine delle Ss. Messe feriali fino al 2 Novembre, giorno della commemorazione di tutti i fedeli defunti. Potete scaricarlo, stamparlo, condividerlo sui vostri canali social! Sarà un bel modo di pregare tutti assieme!

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Altare della Madonna del Carmine

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Culto alla Madonna del Carmine

La devozione spontanea alla Vergine Maria, sempre diffusa nella cristianità sin dai primi tempi apostolici, è stata man mano nei secoli, ufficializzata sotto tantissimi titoli, legati alle sue virtù (vedasi le Litanie Lauretane), ai luoghi dove sono sorti Santuari e chiese che ormai sono innumerevoli, alle apparizioni della stessa Vergine in vari luoghi lungo i secoli, al culto instaurato e diffuso da Ordini Religiosi e Confraternite, fino ad arrivare ai dogmi promulgati dalla Chiesa.

Maria racchiude in sé tante di quelle virtù e titoli, nei secoli approfonditi nelle Chiese di Oriente ed Occidente con Concili famosi e studi specifici, tanto da far sorgere una terminologia ed una scienza “Mariologica”, e che oltre i grandi cantori di Maria nell’ambito della Chiesa, ha ispirato elevata poesia anche nei laici, per tutti il sommo Dante che nella sua “preghiera di s. Bernardo alla Vergine” nel XXXIII canto del Paradiso della ‘Divina Commedia’, esprime poeticamente i più alti concetti dell’esistenza di Maria, concepita da Dio nel disegno della salvezza dell’umanità, sin dall’inizio del mondo.

“Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura……”

La Tradizione racconta che già prima del Cristianesimo, sul Monte Carmelo (Il monte Carmelo e una catena montuosa lunga 39 km e larga 7 o 8 km, che si trova nell'Alta Galilea, una regione dello Stato di Israele. La catena si sviluppa da Haifa a Jenin e tocca l'altezza massima di 525 m s.l.m. In senso più restrittivo il nome di monte Carmelo è applicato alla sua estrema propaggine rocciosa a NO, che si infila nel Mar Mediterraneo. Una volta la città di Haifa si trovava ai piedi del monte Carmelo: ora, con lo sviluppo demografico successivo alla nascita dello stato di Israele, il monte Carmelo è diventato uno dei quartieri della città, in cui si trova anche l'Università di Haifa) si ritiravano degli eremiti, vicino alla fontana del profeta Elia, poi gli eremiti proseguirono ad abitarvi anche dopo l’avvento del cristianesimo e verso il 93 un gruppo di essi che si chiamarono poi ”Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”, costruirono una cappella dedicata alla Vergine, sempre vicino alla fontana di Elia.

Si iniziò così un culto verso Maria, il più bel fiore di quel giardino di Dio, che divenne la ‘Stella Polare, la Stella Maris’ del popolo cristiano. E sul Carmelo continuarono a vivere gli eremiti, finché nella seconda metà del sec. XII, giunsero alcuni pellegrini occidentali, probabilmente al seguito delle ultime crociate del secolo; proseguendo il secolare culto mariano esistente, si unirono in un Ordine religioso fondato in onore della Vergine, alla quale i suddetti religiosi si professavano particolarmente legati.

L’Ordine non ebbe quindi un fondatore vero e proprio, anche se considera il profeta Elia come suo patriarca e modello; il patriarca di Gerusalemme s. Alberto Avogadro (1206-1214), originario dell’Italia, dettò una ‘Regola di vita’, approvata nel 1226 da papa Onorio III.
Costretti a lasciare la Palestina a causa dell’invasione saracena, i monaci Carmelitani, come ormai si chiamavano, fuggirono in Occidente, dove fondarono diversi monasteri: Messina e Marsiglia nel 1238; Kent in Inghilterra nel 1242; Pisa nel 1249; Parigi nel 1254, diffondendo il culto di Colei che: “le è stata data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron” (Is 35,2).
Il 16 luglio del 1251 la Vergine circondata da angeli e con il Bambino in braccio, apparve al primo Padre Generale dell’Ordine, beato Simone Stock, al quale diede lo ‘scapolare’ col ‘privilegio sabatino’, che consiste nella promessa della salvezza dall’inferno, per coloro che lo indossano e la sollecita liberazione dalle pene del Purgatorio il sabato seguente alla loro morte.
Lo ‘scapolare’ non rappresenta una semplice devozione, ma una forma simbolica di ‘rivestimento’ che richiama la veste dei carmelitani e anche un affidamento alla Vergine, per vivere sotto la sua protezione ed è infine un’alleanza e una comunione tra Maria ed i fedeli.
Papa Pio XII affermò che “chi lo indossa viene associato in modo più o meno stretto, all’Ordine Carmelitano”, aggiungendo “quante anime buone hanno dovuto, anche in circostanze umanamente disperate, la loro suprema conversione e la loro salvezza eterna allo Scapolare che indossavano! Quanti, inoltre, nei pericoli del corpo e dell’anima, hanno sentito, grazie ad esso, la protezione materna di Maria! La devozione allo Scapolare ha fatto riversare su tutto il mondo, fiumi di grazie spirituali e temporali”.

Altri papi ne hanno approvato e raccomandato il culto, lo stesso beato Giovanni XXIII lo indossava, esso consiste di due pezzi di stoffa di saio uniti da una cordicella, che si appoggia sulle scapole e sui due pezzi vi è l’immagine della Madonna.

L’Ordine Carmelitano partito dal Monte Carmelo in Palestina, dove è attualmente ubicato il grande monastero carmelitano “Stella Maris”, si propagò in tutta l’Europa, conoscendo nel sec. XVI l’opera riformatrice dei due grandi mistici spagnoli Giovanni della Croce e Teresa d’Avila.
Nell’Ordine Carmelitano sono fiorite figure eccezionali di santità, misticismo, spiritualità claustrale e di martirio; ne ricordiamo alcuni: S. Teresa d’Avila (1582) Dottore della Chiesa; S. Giovanni della Croce (1591) Dottore della Chiesa; Santa Maria Maddalena dei Pazzi (1607); S. Teresa del Bambino Gesù (1897), Dottore della Chiesa; beato Simone Stock (1265); S. Angelo martire in Sicilia (1225); Beata Elisabetta della Trinità Catez (1906); S. Raffaele Kalinowski (1907); Beato Tito Brandsma (1942); S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein, 1942); suor Lucia, la veggente di Fatima.
Alla Madonna del Carmine, come è anche chiamata, sono dedicate chiese e santuari un po’ dappertutto, essa per la promessa fatta con lo scapolare, è onorata anche come “Madonna del Suffragio” e a volte è raffigurata che trae, dalle fiamme dell’espiazione del Purgatorio le anime purificate.

Durante tutti i secoli trascorsi nella sua devozione, Ella è stata sempre rappresentata con Gesù Bambino in braccio o in grembo che porge lo ‘scapolare’ (tutto porta a Gesù), e con la stella sul manto (consueta nelle icone orientali per affermare la sua verginità).

La sua ricorrenza liturgica è il 16 luglio, giorno in cui nel 1251, apparve al beato Simone Stock, porgendogli lo scapolare.

L'altare della Madonna del Carmine

Pala di sant'Apollonia.

Autore: Giovanni Battista Delle Piane.
 

Il primo altare dal presbiterio a sinistra è dedicato a Santa Apollonia, raffigurata su tela, nell’acme del Martirio.
Il quadro è attribuito a Giovanni Battista Delle Piane, artista originario di San Martino e morto nel 1804.

ll catalogo della soprintendenza delle belle arti indica come datazione del dipinto 1775 - 1799. 

Gli affreschi laterali, sbiaditi e che necessiterebbero di doveroso restauro, sono attribuiti a Valerio Castello. 

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Altare di Sant'Apollonia

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Solennità

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Patrona

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Sant'Apollonia: storia del culto

È stata tale la devozione per la santa martire Apollonia, protettrice dei denti e delle relative malattie, che dal Medioevo in poi si moltiplicarono i suoi denti-reliquie miracolosi, venerati dai fedeli e custoditi nelle chiese e oratori sacri dell’Occidente; al punto che papa Pio VI (1775-1799), che era molto rigido su queste forme di culto, fece raccogliere tutti quei denti che si veneravano in Italia, raccolti in un bauletto e pesanti circa tre kg e li fece buttare nel Tevere.

Questo episodio ci aiuta a capire quanta impressione, meraviglia e ammirazione, suscitò il martirio della santa nel mondo cristiano, per i suoi aspetti singolari.

Il suo martirio è riportato dallo storico Eusebio di Cesarea (265-340), che nella sua “Historia Ecclesiastica” scritta nel terzo secolo, trascrive un brano della lettera del vescovo s. Dionigi di Alessandria († 264), indirizzata a Fabio di Antiochia, in cui si narrano alcuni episodi dei quali era stato testimone.

Nell’ultimo anno dell’impero di Filippo l’Arabo (243-249), nonostante che in quel periodo di sei anni, ci fu praticamente una tregua nelle persecuzioni anticristiane, scoppiò nel 248 ad Alessandria d’Egitto una sommossa popolare contro i cristiani, aizzata da un indovino alessandrino.

Molti seguaci di Cristo furono flagellati e lapidati, al massacro non sfuggirono nemmeno i più deboli; i pagani entrarono nelle loro case saccheggiando tutto il trasportabile e devastando le abitazioni. Durante questo furore sanguinario dei pagani, fu presa anche la vergine anziana Apollonia, definita da Eusebio “parthenos presbytès”, che però nell’iconografia sacra, come tutte le sante vergini, è raffigurata in giovane età le furono strappati i denti con una tenaglia.

Poi acceso un rogo fuori la città, la minacciarono di gettarcela viva, se non avesse pronunziato insieme a loro parole di empietà contro Dio.

Apollonia chiese di essere lasciata libera un momento e una volta ottenuto ciò, si lanciò rapidamente nel fuoco venendo incenerita.

L’episodio sarebbe avvenuto alla fine del 248 o inizio 249, quindi Apollonia che era in età avanzata, doveva essere nata negli ultimi anni del II secolo o al principio del III secolo; nella sua lettera il vescovo s. Dionigi afferma, che la sua era stata una vita degna di ogni ammirazione e forse per questa condotta esemplare e per l’apostolato che doveva svolgere, si scatenò la furia dei pagani, che infierirono su di lei con particolare crudeltà.

Il gesto di Apollonia di gettarsi nel fuoco, pur di non commettere un peccato grave, suscitò fra i cristiani ed i pagani di allora, una grande ammirazione e nei secoli successivi fu oggetto di considerazione dottrinale.

Volle sottrarsi ad ulteriori dolorosissime torture, che avrebbero potuto indebolire la sua volontà, preferendo gettarsi fra le fiamme.

Sin dal primo Medioevo il culto per la martire di Alessandria, si diffuse prima in Oriente e poi in Occidente; in varie città europee sorsero chiese a lei dedicate, a Roma ne fu edificata una, oggi scomparsa, presso S. Maria in Trastevere; la diffusione del culto fu dovuta anche alla leggenda, simile ad altre sante giovani martiri, di essere figlia di un re che la fece uccidere perché non abiurava la fede cristiana.

La sua festa sin dall’antichità si celebra il 9 febbraio; santa Apollonia, vergine e martire di Alessandria d’Egitto è invocata in tutti i malanni e dolori dei denti; il suo attributo nell’iconografia è una tenaglia che tiene stretto un dente.

L'altare e Pala di Santa Apollonia

Pala di sant'Apollonia.

Autore: Giovanni Battista Delle Piane.
 

Il primo altare dal presbiterio a sinistra è dedicato a Santa Apollonia, raffigurata su tela, nell’acme del Martirio.
Il quadro è attribuito a Giovanni Battista Delle Piane, artista originario di San Martino e morto nel 1804.

ll catalogo della soprintendenza delle belle arti indica come datazione del dipinto 1775 - 1799. 

Gli affreschi laterali, sbiaditi e che necessiterebbero di doveroso restauro, sono attribuiti a Valerio Castello. 

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Altare di Sant'Antonio Abate e Sant'Isidoro

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Sant'Antonio Abate: storia del culto

Considerato il più grande eremita di sempre, capace di guarire le malattie più gravi, vive oltre cent’anni. Antonio nasce a Coma, in Egitto, sulle rive del Nilo, intorno al 250, in una famiglia di cristiani, ricchi agricoltori. A vent’anni rimane orfano. Colpito dalle parole del Vangelo ascoltate in chiesa, vende tutti i suoi beni, dà la metà del ricavato alla sorella e regala la sua parte ai poveri. Poi va a vivere da eremita in mezzo al deserto dell’Egitto per ascoltare meglio la voce di Dio.

Antonio è sempre solo e prega tutto il giorno. Occupa il tempo anche lavorando: coltiva un orticello e intreccia canestri. Così gli suggerisce un angelo: «Con la preghiera e il lavoro si tengono lontano noia, tentazioni e spiriti del male». Regola a cui si ispirano in seguito i benedettini: ora et labora (“prega e lavora”).

La sua vita solitaria dura vent’anni, fino a quando la sua fama di grande saggio attira persone che desiderano seguire il suo esempio. Sant’Antonio abate accoglie filosofi, imperatori, semplici pellegrini; consiglia il Bene, mette pace tra i litiganti, conforta, consola, guarisce malattie del fisico e dell’anima, soprattutto una patologia della pelle molto dolorosa: l’herpes zoster, nota come “fuoco di Sant’Antonio”.

Ai suoi discepoli chiamati “Padri del deserto”, diventati numerosi, insegna l’ascetismo. Ogni tanto va a trovarli. Essi vivono da soli in grotte, casupole o ruderi abbandonati: pregano, meditano, svolgono lavori manuali, coltivano la terra e allevano animali, si cibano del poco necessario per sopravvivere.

Nel 311 il santo si reca ad Alessandria d’Egitto per sostenere i cristiani perseguitati. Grazie alla sua notorietà gli viene risparmiata la vita: i soldati romani hanno timore di lui e lo rispettano. Nel 312 si sposta definitivamente in una grotta sul Monte Coltzum, vicino al Mar Rosso. Sant’Antonio abate vive fino a 106 anni in ottima salute.

Si spegne il 17 gennaio del 356. È protettore di animali domestici, bestiame, cavalli, stalle, agricoltori, allevatori, macellai, salumieri e fabbricanti di spazzole. È invocato quando si subisce un’ingiustizia, viene rubato qualcosa, per farci riappacificare, per trovare l’amore e far tornare l’armonia in famiglia. Protegge contro gli incendi, le malattie contagiose, le varici, il prurito e le malattie della pelle come l’herpes zoster, i foruncoli e le eruzioni cutanee in genere. È anche patrono dei dermatologi. Viene raffigurato anziano e con una lunga barba bianca.

Storia della Devozione
a Sant'Isidoro

Ultimo dei Padri latini, S. Isidoro di Siviglia (560-636) ricapitola in sé tutto il retaggio di acquisizioni dottrinali e culturali che l'epoca dei Padri della Chiesa ha trasmesso ai secoli futuri. Scrittore enciclopedico, Isidoro fu molto letto nel medioevo, soprattutto per le sue Etimologie, un'utile "somma" della scienza antica, della quale con più zelo che spirito critico condensò i principali risultati. Questo volgarizzatore dotatissimo della scienza antica, che avrebbe esercitato su tutta la cultura medioevale un influsso considerevole, era soprattutto un vescovo zelante preoccupato della maturazione culturale e morale del clero spagnolo.

Per questo motivo fondò un collegio ecclesiastico, prototipo dei futuri seminari, dedicando molto spazio della sua laboriosa giornata all'istruzione dei candidati al sacerdozio. La santità era di casa nella nobile famiglia, oriunda di Cartagena, che diede i natali verso il 560 a Isidoro: tre fratelli furono vescovi e santi, Leandro, Fulgenzio e il nostro Isidoro; e una sorella, Fiorentina, fu religiosa e santa.

Leandro, il fratello maggiore, fu tutore e maestro di Isidoro, rimasto orfano in tenera età.
Il futuro dottore della Chiesa, autore di una immensa mole di libri che trattano di tutto lo scibile umano, dall'agronomia alla medicina, dalla teologia all'economia domestica, fu dapprima uno studente svogliato e poco propenso a stare chino sui libri di scuola. Come tanti coetanei marinava la scuola e vagava per la campagna. Un giorno si accostò a un pozzo per dissetarsi e notò dei profondi solchi scavati dalla fragile corda sulla dura pietra del bordo. Comprese allora che anche la costanza e la volontà dell'uomo possono aver ragione dei più duri scogli della vita.

Tornò con rinnovato amore ai suoi libri e progredì tanto avanti nello studio da meritare la reputazione di uomo più sapiente del suo tempo. Chierico a Siviglia, Isidoro successe al fratello Leandro nel governo episcopale della importante diocesi.

Come il fratello, sarebbe stato il vescovo più popolare e autorevole della sua epoca, presiedendo pure l'importante quarto concilio di Toledo (nel 633).

Formatosi alla lettura di S. Agostino e S. Gregorio Magno, pur senza avere la vigoria di un Boezio o il senso organizzativo di un Cassiodoro, con essi Isidoro condivide la gloria di essere stato il maestro dell'Europa medievale e il primo organizzatore della cultura cristiana.

Una leggenda racconta che nel primo mese di vita uno sciame d'api, invasa la sua culla, depositasse sulle labbra del piccolo Isidoro un rivoletto di miele, come auspicio del dolce e sostanzioso insegnamento che da quelle labbra sarebbe un giorno sgorgato. Sapienza, mai disgiunta da profonda umiltà e carità, gli hanno meritato il titolo di "doctor egregius" e l'aureola di santo.

L'altare di Sant'Antonio Abate e S. Isidoro

Autore anonimo. Sec. XVIII.
 

Testi e informazioni tratti da "San Martino d'Albaro: una chiesa giovane... mille anni" a cura della comunità parrocchiale di San Martino in occasione del millennio dalla fondazione della chiesa. 

Nel vano ricavato a sinistra del presbiterio, come detto, è stata murata in anni recenti la lapide della tomba di Bernardo Castello, proveniente dallo smantellamento del pavimento e della quinta cappella a sinistra, già ottenuta in giuspatronato dall’artista. In questa cappella, in luogo della dispersa pala di Bernardo con l’Annunciazione, è oggi la tela con I Santi Antonio Abate e Sant’Isidoro, protettori della campagna, opera di pittore genovese della fine del XVIII secolo rasentante l’inizio del XIX, con richiami, negli affreschi che la attornano a moduli pioleschi o dello stesso Castello.

In una parrocchia circondata da fascie e vigneti non poteva mancare la festa di S. Antonio abate, il 17 Gennaio, con la messa alle ore 12 e la benedizione del bestiame.

Il “cliché” delle celebrazioni era obbligato:
prima messa all’alba; 
alle ore 7 la messa della comunione;
alle ore 10
e alle ore 11 la messa
solenne in canto.
L’epilogo della festa era il canto dei vespri, con il panegirico del Santo.

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Novena alla Beata Vergine Maria Addolorata

Novena all'Addolorata

Scarica qui il file con le preghiere che verranno recitate al termine della santa messa dal 4 al 12 settembre per la Novena alla Madonna Addolorata

Novena

Alla Beata Vergine Maria Addolorata

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Storia della devozione all'Addolorata

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Grado

Solennità

Titolo

Patrona

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Il culto alla Madonna Addolorata

Fra i tanti titoli e celebrazioni mariane, il più sentito perché più vicino alla realtà umana, è quello di Beata Vergine Maria Addolorata e il dolore di Maria, creatura privilegiata sì, ma sempre creatura come noi, è più facile comprenderlo, perché lo subiamo anche noi, seppure in condizioni e gradi diversi.

Veder morire un figlio è per una madre il dolore più grande che ci sia, non vi sono parole che possano consolare, chi naturalmente aspettando di poter morire dopo aver generato, allevato ed educato, l’erede e il continuatore della sua umanità, vede invece morire il figlio mentre lei resta ancora in vita, quel figlio al quale avrebbe voluto ridare altre cento volte la vita e magari sostituirsi ad esso nel morire.

I milioni di madri che nel tempo hanno subito questo immenso dolore, a lei si sono rivolte per trovare sostegno e consolazione, perché Maria ha visto morire il Figlio in modo atroce, consapevole della sua innocenza, soffrendo per la cattiveria, incomprensione, malvagità, scatenate contro di lui, personificazione della Bontà infinita.

Ma non fu solo per la repentina condanna a morte, il dolore provato da Maria fu l’epilogo di un lungo soffrire, in silenzio e senza sfogo, conservato nel suo cuore, iniziato da quella profezia del vecchio Simeone pronunziata durante la Presentazione di Gesù al Tempio: “E anche a te una spada trapasserà l’anima”.

Quindi anche tutti coloro che soffrono nella propria carne e nel proprio animo, le pene derivanti da malattie, disabilità, ingiustizia, povertà, persecuzione, violenza fisica e mentale, perdita di persone care, tradimenti, mancanza di sicurezza, solitudine, ecc. guardano a Maria, consolatrice di tutti i dolori; perché avendo sofferto tanto già prima della Passione di Cristo, può essere il faro a cui guardare nel sopportare le nostre sofferenze ed essere comprensivi di quelle dei nostri fratelli, compagni di viaggio in questo nostro pellegrinare terreno.

Ma la Madonna è anche corredentrice per Grazia del genere umano, perché partecipe dell’umanità sofferente ed offerta del Cristo, per questo lei non si è ribellata come madre alla sorte tragica del Figlio, l’ha sofferta indicibilmente ma l’ha anche offerta a Dio per la Redenzione dell’umanità.

E come dalla Passione, Morte e Sepoltura di Gesù, si è passato alla trionfale e salvifica Resurrezione, anche Maria, cooperatrice nella Redenzione, ha gioito di questa immensa consolazione e quindi maggiormente è la più adatta ad indicarci la via della salvezza e della gioia, attraversando il crogiolo della sofferenza in tutte le sue espressioni, della quale comunque non potremo liberarci perché retaggio del peccato originale.

La devozione alla Madonna Addolorata, che trae origine dai passi del Vangelo, dove si parla della presenza di Maria Vergine sul Calvario, prese particolare consistenza a partire dalla fine dell’XI secolo e fu anticipatrice della celebrazione liturgica, istituita più tardi.

Testimonianza di questa devozione è il popolarissimo ‘Stabat Mater’ in latino, attribuito a Jacopone da Todi, il quale compose in lingua volgare anche le famose ‘Laudi’.

A metà del secolo XIII, nel 1233, sorse a Firenze l’Ordine dei frati “Servi di Maria”, fondato dai Ss. Sette Fondatori e ispirato dalla Vergine. L’Ordine che già nel nome si qualificava per la devozione alla Madre di Dio, si distinse nei secoli per l’intensa venerazione e la diffusione del culto dell’Addolorata; il 9 giugno del 1668, la S. Congregazione dei Riti permetteva all’Ordine di celebrare la Messa votiva dei sette Dolori della Beata Vergine, facendo menzione nel decreto che i Frati dei Servi, portavano l’abito nero in memoria della vedovanza di Maria e dei dolori che essa sostenne nella passione del Figlio.

Successivamente, papa Innocenzo XII, il 9 agosto 1692 autorizzò la celebrazione dei Sette Dolori della Beata Vergine la terza domenica di settembre.

I Sette Dolori di Maria, corrispondono ad altrettanti episodi narrati nel Vangelo: 1) La profezia dell’anziano Simeone, quando Gesù fu portato al Tempio “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”. – 2) La Sacra Famiglia è costretta a fuggire in Egitto “Giuseppe destatosi, prese con sé il Bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto”. – 3) Il ritrovamento di Gesù dodicenne nel Tempio a Gerusalemme “Tuo padre ed io angosciati ti cercavamo”. – 4) Maria addolorata, incontra Gesù che porta la croce sulla via del Calvario. – 5) La Madonna ai piedi della Croce in piena adesione alla volontà di Dio, partecipa alle sofferenze del Figlio crocifisso e morente. – 6) Maria accoglie tra le sue braccia il Figlio morto deposto dalla Croce. – 7) Maria affida al sepolcro il corpo di Gesù, in attesa della risurrezione.

La liturgia e la devozione hanno compilato anche le Litanie dell’Addolorata, ove la Vergine è implorata in tutte le necessità, riconoscendole tutti i titoli e meriti della sua personale sofferenza.
La tradizione popolare ha identificato la meditazione dei Sette Dolori, nella pia pratica della ‘Via Matris’, che al pari della Via Crucis, ripercorre le tappe storiche delle sofferenze di Maria e sempre più numerosi sorgono questi itinerari penitenziali, specie in prossimità di Santuari Mariani, rappresentati con sculture, ceramiche, gruppi lignei, affreschi.

Le processioni penitenziali, tipiche del periodo della Passione di Cristo, comprendono anche la figura della Madre dolorosa che segue il Figlio morto, l’incontro sulla salita del Calvario, Maria posta ai piedi del Crocifisso.

La vergine Addolorata è di solito vestita di nero per la perdita del Figlio, con una spada o con sette spade che le trafiggono il cuore.

In virtù del culto così diffuso all’Addolorata, ogni città e ogni paese ha una chiesa o cappella a lei dedicata; varie Confraternite assistenziali e penitenziali, come pure numerose Congregazioni religiose femminili e alcune maschili, sono poste sotto il nome dell’Addolorata, specie se collegate all’antico Ordine dei Servi di Maria.

L’amore e la venerazione per la Consolatrice degli afflitti e per la sua ‘compassione’, ha prodotto, specie nell’Ordine dei Servi splendide figure di santi, ne citiamo alcuni: I Santi Sette Fondatori, s. Giuliana Falconieri, s. Filippo Benizi, s. Pellegrino Laziosi, s. Antonio Maria Pucci, s. Gabriele dell’Addolorata (passionista), senza dimenticare, primo fra tutti, s. Giovanni apostolo ed evangelista, sempre accanto a lei per confortarla e condividerne l’indicibile dolore, accompagnandola fino al termine della sua vita.

Storia della Devozione
alla BVM Addolorata

Testo tratto da: “Storia della Chiesa di San Martino”; scritto e stampato dal Sacerdote Giuseppe Lanfranconi; pp. 117-124.

Citiamo in ultimo, per darne come merita un particolare rilievo,  la “Memoria dei dolori si Maria SS.” celebrata in ben due ricorrenze ormai tradizionali: nel Carnevale, con intenzione riparatrice e nella  terza domenica di settembre, festa liturgica della chiesa universale.  In S. Martino d'Albaro il culto della Madonna Addolorata ha una storia a sé, che segna una delle più fulgide pagine della nostra vita parrocchiale. Il piccolo sipario che ricopre la veneratissima immagine,  dono della famiglia Sauli, reca sullo sfondo ricamato di fili d’argento quattro date ricamate in oro: 1844 – 1847 – 1854 – 1857.

L’Arciprete Chiappe, nell’introduzione al suo “Libro di pietà” registra i fatti mariani, di cui fu ferventissimo promotore.

Era il 1844 e volgevano i tristi giorni delle carnevalesche mattezze, in cui moltiplicandosi anche da una gran parte di cristiani i peccati, pur si rinnova più che mai la cagione della desolazione e degli strazi nel dolcissimo cuore di Maria, che Madre del Redentore fu fatta nostra Madre dal Figlio per noi morente sulla croce.

Dovevano i Figli ricordarsi con tenerezza e compassione dei dolori della più amorosa tra le madri, e onorarla con speciali ossequi in un tempo, in cui maggiormente le si rinnovella l’afflizione del Golgota, e riparare altresì in qualche modo le onte e gli oltraggi che si fanno alla Divina Maestà.

A tale intendimento, tuttochè in paese non si avessero a deplorare gli strepiti profani e gli altri disordini dell'epoca sempre sorgenti di dissipazione e d'immoralità, il novello pastore (D. Chiappe) diede opera a che nella chiesa parrocchiale ed all'altare ove da parecchi anni trovavasi già esposta al pubblico una cara e preziosa immagine dell'Addolorata, si celebrasse annualmente un devoto triduo con discorsi analoghi negli ultimi tre giorni di carnevale, e l’ultimo fosse più distinto come festa consacrata ai dolori della SS Vergine.

La popolazione vi corrispose con plauso e dimostrò fin d’allora un particolare gradimento di tributare alla gran Madre di Dio sotto il titolo di Addolorata generosi omaggi di profondo rispetto e venerazione. Questo però non era che un piccolo seme, il quale gettato in un buon terreno sarebbesi mirabilmente sviluppato mettendo profonde radici.

Essendosi nel 1846 intraprese compiuta la fabbrica del necessario e desideratissimo prolungamento della nostra chiesa parrocchiale, nella domenica di Quinquagesima dell’anno seguente (1847) si ribenediceva il sacro tempio sotto gli auspici ed il patronato della Regina dei Martiri, trasportandosene al massimo altare la benedetta effigie riposta in una nuova magnifica cornice ricca di fregi e di raggi e dorata a foggia di trono. Fu quello un momento di gioia comune e di pubblica soddisfazione.

Da allora il triduo di carnevale in memoria dei dolori di Maria SS. si ritenne come principale e primaria solennità della parrocchia in maniera che oggidì sia per la sontuosità degli arredi e paramenti propri, sia per il numero dei lampadari e delle faci, sia per l'edificante affluenza del popolo sia alle varie funzioni che ai tribunali di penitenza e alla Mensa Eucaristica, non è seconda a quante ordinariamente se ne celebrano nella nostra Liguria.

Si fissò che in ogni anno a preparazione un corso di spirituali esercizi precedesse la triduana solennità e questa si chiudesse con una gran processione...

Ne Maria venne meno alla fiducia che in lei, potentissima avvocata presso il Figlio, ponevano illimitata il pastore e il gregge.

Essendosi nel 1846 intraprese compiuta la fabbrica del necessario e desideratissimo prolungamento della nostra chiesa parrocchiale, nella domenica di Quinquagesima dell’anno seguente (1847) si ribenediceva il sacro tempio sotto gli auspici ed il patronato della Regina dei Martiri, trasportandosene al massimo altare la benedetta effigie riposta in una nuova magnifica cornice ricca di fregi e di raggi e dorata a foggia di trono. Fu quello un momento di gioia comune e di pubblica soddisfazione.

Da allora il triduo di carnevale in memoria dei dolori di Maria SS. si ritenne come principale e primaria solennità della parrocchia in maniera che oggidì sia per la sontuosità degli arredi e paramenti propri, sia per il numero dei lampadari e delle faci, sia per l'edificante affluenza del popolo sia alle varie funzioni che ai tribunali di penitenza e alla Mensa Eucaristica, non è seconda a quante ordinariamente se ne celebrano nella nostra Liguria.

Si fissò che in ogni anno a preparazione un corso di spirituali esercizi precedesse la triduana solennità e questa si chiudesse con una gran processione...

Ne Maria venne meno alla fiducia che in lei, potentissima avvocata presso il Figlio, ponevano illimitata il pastore e il gregge.

Che oltre innumerevoli grazie particolari ottenute per di Lei mezzo dai singoli, delle quali fanno fede e i molti voti ond’è attorniata l’immagine e le molte offerte per aumentarne il culto, e i tridui di ringraziamento e di ricorso, e il quotidiano supplicare dei fedeli al suo altare, altre più segnalate e dirette al bene comune attestano il presentissimo materno patrocinio di Maria Addolorata, fra cui il refrigerio durante la seconda invasione dell'asiatico morbo e il benefizio della pioggia accordata dopo tre mesi e più giorni di un’ostinata siccità.

Era il 16 aprile 1854 e celebravasi la Pasqua di Resurrezione. Perdurando il cielo di bronzo, avvizzita l’erba, illanguidita la campagna, inattivi i mulini, nacque il pensiero dell’Addolorata.

Il Rev. Arciprete indirizzandosi al popolo porse invito ad un triduo e ad una generale processione di penitenza per la prossima domenica in Albis. E si fece il triduo preparatorio in cui cominciò a rannuvolarsi e a piovigginare di tratto in tratto, e nel pomeriggio della domenica 23 aprile, quasi rasserenatosi il cielo, clero e popolo a piedi scalzi e in abiti di penitenti uscirono in compostissima fila col canto prolungato dello Stabat Mater, recandosi l’effigie dell'Addolorata per i vari quartieri del paese. Tornati alla chiesa il parroco, interprete dei sentimenti della popolazione, fece promessa dell'incoronazione della venerata immagine e di una gran festa che al cadere del decennio di questo ingrandito tempio si sarebbe celebrata.

La grazia giunse al suo colmo, poiché nei giorni immediatamente successivi non a soli spruzzi ma a larga vena cadde l'acqua implorata. I sanmartinesi colla più viva gratitudine nelle evidenti particolarità di questo avvenimento non poterono non riconoscervi un segno visibile della speciale predilezione della Vergine verso di loro ed un'arra luminosa, di protezione e ai salute.

Il consiglio di Fabbriceria formalmente adottò il suggerimento dell'Arcipretce, aggradì il piano delle opere da eseguirsi per solennizzare il meglio possibile le feste dell'Incoronazione e volle che la maggiore delle sei nuove campane si dedicasse a Maria Addolorata colle parole sovrastanti l'effigie: "posuerunt me custodem".

Cessato il furiosissimo flagello del cholera furono rese azioni di grazie alla Madonna con magnificenza e devozione nella seconda domenica dell'ottobre, non essendovi tra i popolani chi non riconoscesse lo scampo e il refrigerio in quel lutto per il favore di lei difenditrice potente. Nel mattino, dopo la Comunione generale, l’arciprete a nome della popolazione confermò il voto emesso dallo straordinario festeggiamento per il 1857.

Approssimavasi l’epoca prefissa e i san martinesi affrettavano nell’animo loro quei santi dì,  mentre alla loro religiosa pietà non indarno si faceva ricorso per largizioni all’uopo. E perché non si potesse levar dubbio intorno alla realtà del fatto che porse occasione alle divisate feste l'Arciprete a più riprese ne interpella la popolazione, la quale sempre con uniforme risposta testificò l'accaduto e proclamò altamente sentirne grato alla Vergine dei dolori.

Nel frattempo lodati artisti si adoperarono a decorare variamente la chiesa e a restaurare a nuovo gli antichi dipinti.

Giunto finalmente il sospirato giorno d'inizio dei festeggiamenti, al lieto suono delle campane di tutte le chiese del Comune, ognuno facilmente può intendere con quale e quanta letizia fosse salutato dall'entusiasmata popolazione.

Alle 6 pomeridiane del sabato 20 giugno si cantarono i vespri nella vicina chiesa delle RR. Monache Clarisse, in cui per l'ultimazione dei lavori si celebravano da un mese gli uffizi parrocchiali, e di là processionalmente venne portato il Santissimo nella riaperta chiesa. Collo Stabat Mater in musica, con un discorso ufficiale inaugurale e d'introduzione a quella serie di sermoni da farsi mattina e sera per ben nove giorni e con 1a Benedizione Eucaristica si fece l’apertura delle straordinarie celebrazioni.

La chiesa era parata con un gusto squisito e finissimo e risplendeva per copiosissime faci. L'altar maggiore soprattutto attirava gli sguardi per uno sfarzo non mai veduto. Intanto sulla porta della chiesa si leggeva questa temporanea iscrizione:

-A Maria gran Madre di Dio - in questo tempio ingrandito e dedorato - pel culto de Lei Addolorata - come principale patrona della parrocchia voto solenne - e primo decennale tributo di laudi e di grazie - nel giugno 1857. - Quando alla Vergine dei dolori ricorremmo - con fede la Benigna ci soccorse nella siccità e ci sorrise nel lutto.

Proteggitrice nostra perpetua.

Ma pegno della comune esultanza ed argomento dell'amore verso Maria, videsi tosto brillare dall’uno all’altro confine e nelle abitazioni del centro e in quelle al mare una così splendida e generale illuminazione che non fu vista giammai, compresi i locali dei pubblici uffizi a cura del municipio associatosi alle manifestazioni religiose;

Quelle stesse luminarie ebbero a ripetersi nella sera del 29 al chiudersi delle solennità. Che se nel corso del novendiale fu molta la frequenza ai Sacramenti e alle funzioni di chiesa, e due comunioni generali fervorosissime ebbero luogo nel mattino dell'ottavo e del nono giorno, rispetto alla forma esteriore distinte si ebbero due domeniche e la festa intermedia di S. Giovanni Battista, nelle quali una sceltissima musica accompagnò la Messa solenne e i Vespri, e chiarissimi oratori dissero l'orazione panegirica di attualità.

Oltre a ciò nella prima "infra Missam" il Rev. Mons. Domenico Gualco, prevosto dell'insigne Collegiata di N.S. delle Vigne, ex vicario generale di questa archidiocesi, previa delegazione dell'Ordinario diocesano, attorniato dal clero, dai fabbriceri e massari e da altri notabili personaggi, fra l'emozione dell'assemblea accalcatasi, colle preci di rito cinse di aurata corona la fronte della Madonna nella sua dipinta immagine di Addolorata a testimonio perenne di aversela eletta i Sanmartinesi a Signora e Patrona.

Nell'altra domenica Mons. Arcivescovo celebrava qui al mattino il S. Sacrifizio ed assisteva più tardi in abiti pontificali alla Messa cantata, col collegio dei Parroci del Vicariato; alla sera poi impartiva la Benedizione. L'Ill. Sindaco ossequiò S.E. Rev.ma, ed espresse i sentimenti della più viva compiacenza per la gioia dei suoi amministrati in occasione di questi festeggiamenti, cui contribuì grandemente a rendere più memorandi l’auspicata presenza dell’illustre metropolita.

Fu poi veramente un trionfo la processione, che nel pomeriggio del 29 suggellò quei giorni di tanta celebrità. E per il numero stragrande dei componenti la medesima, e per l’inusitata pompa, e per i diversi complessi musicali, e per il cammino percorso, e soprattutto per le dimostrazioni di un’ardente pietà e di animo grato verso la Donna dei dolori, la cui coronata effige in grembo ad un padiglione di luce era portata dal clero in atto di benedire l’ossequioso paese e di guardare vigile e sollecita la vicina città.

E' noto infatti come in quelle ore, in cui il popolo genovese in folla reverente attorniava l’immagine dell'Addolorata e rinnovava l'omaggio dell'antica sua fedeltà, fosse stornato da un disastro imminente e non saputo, e venisser rotti e dispersi i disegni iniqui di chi voleva Genova immersa nel lutto.

E’ certo che Maria volle anche in questa insigne circostanza dar prova di contraccambiare i pietosi uffici, e ne si aveva buon augurio al vedere che uscita appena di chiesa la benedetta immagine, si copriva d’improvviso il sole di sottil nuvoletta, che senza farsi minacciosa temperava opportunamente il soverchio ardore dei suoi raggi. Tuttora è qui fra i vivi chi scorgendo appiccato il fuoco ai serici ornamenti della casa ov’era locata la sacra immagine nella piazza della Soccorsale, e coprirsi di pallore i volti dei circostanti, ricordando il miracolo della Madonna del fuoco in Forlì, senza punto scomporsi disse ad alta voce, che da questo segnale in apparenza infausto si doveva aspettare un effetto il più fausto in sostanza.

Ne è a preterirsi come segnatamente tanto nei fervorini per il ringraziamento delle Comunioni generali quanto nei discorsi delle due ultime sere, l'universo popolo a voci unanimi e ripetute riconfermò la protesta di voler consacrare in perpetuo a Maria Addolorata sé medesimo ed ogni sua pertinenza, acclamandola "Patrona Principale" della parrocchia.

Indi in poi la memoria solenne dei dolori della Beata Vergine non fu più limitata nella stagione del carnevale, ma dell’augusta Patrona si prese a celebrare con speciale distinzione quella fissata dalla liturgia della Chiesa nella terza domenica di Settembre. Disposizione così fatta appagò il fervido desiderio della popolazione e di tutti quanti devoti di N.S. Addolorata. Da Genova qua traggono a villeggiare, e soddisfece alle legittime esigenze della Congregazione dei giovinetti dell’uno e dell’altro sesso quivi istituita nel di Lei nome, cui stava a cuore onorare con particolari ossequi la singolare Proteggitrice in altra epoca”.

Oggi questa solenne ricorrenza segna ufficialmente la data della ripresa a ritmo normale delle attività parrocchiali dopo la parentesi estiva e l’inizio ufficiale dell’anno sociale per le varie branchie di A.C.

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18-27 Giugno 2025: Novena al Sacro Cuore

Novena al Sacro Cuore di Gesù

Nel mese di giugno si terrà, il 27 la tradizionale festa

Clicca sul pulsante qui a lato e scarica il pdf da avere sempre con te con la preghiera al Sacro Cuore da recitarsi ogni giorno per sentirsi in comunione di preghiera con tutta la comunità parrocchiale.

bagnasco

Sabato 24 Aprile: Visita del Card. Bagnasco!

VI Domenica di Pasqua anno C

Assisterà al Canto dei Vespri e Presiderà la S. Messa prefestiva!

"𝑻𝒊 𝒍𝒐𝒅𝒊𝒏𝒐 𝒊 𝒑𝒐𝒑𝒐𝒍𝒊, 𝒐 𝑫𝒊𝒐, 𝒕𝒊 𝒍𝒐𝒅𝒊𝒏𝒐 𝒊 𝒑𝒐𝒑𝒐𝒍𝒊 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊." (Salmo 66) 𝐒𝐚𝐛𝐚𝐭𝐨 𝟐𝟒 𝐞 𝐃𝐨𝐦𝐞𝐧𝐢𝐜𝐚 𝟐𝟓 𝐌𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 sarà un'altra 𝐷𝑜𝑚𝑒𝑛𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑖 𝑃𝑎𝑠𝑞𝑢𝑎 di festa per la nostra comunità! Sabato 24 avremo la gioia (a partire dalle ore 17.00) della 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐭𝐫𝐚 𝐧𝐨𝐢 𝐝𝐞𝐥 𝐂𝐚𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐀𝐧𝐠𝐞𝐥𝐨 𝐁𝐚𝐠𝐧𝐚𝐬𝐜𝐨, arcivescovo emerito di Genova, il quale assisterà al 𝐜𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐢 𝐯𝐞𝐬𝐩𝐫𝐢 (ore 17.15) e 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐢𝐞𝐝𝐞𝐫𝐚̀ 𝐥𝐚 𝐒𝐚𝐧𝐭𝐚 𝐌𝐞𝐬𝐬𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐟𝐞𝐬𝐭𝐢𝐯𝐚 delle ore 18.00! La santa Messa vedrà la gradita partecipazione della Cappella Musicale della Cattedrale di Genova diretta dal M° Damiano Profumo e accompagnata all'organo dal M° Fabrizio Fancello, Organista titolare della Cattedrale di San Lorenzo! Li vogliamo ringraziare fin d'ora per la squisita generosità e disponibilità!

Veglia Pasquale lumen christi san martino d'albaro lucernario 2025

Pasqua 2025: il nostro Triduo Santo!

Altare reposizione 2025 - San Martino d'Albaro Genova

Le liturgie pasquali

Una grande partecipazione

Con la celebrazione della Cena del Signore, del memoriale dell'istituzione dell'Eucaristia e, il giorno dopo della Passione del Signore, si ci siamo ritrovati in una giornata di silenzio, digiuno e preghiera davanti a Gesù presente nella Ss. Eucaristia all'interno dell'altare della reposizione e chiuso con la Liturgia della Passione e della Croce, in ricordo e commemorazione della Passione di Cristo.

Giovedi Santo - Messa "in Coena Domini"
L'inizio di questo Triduo Pasquale 2025, è stato distintinto dalla gioia per l'𝑖𝑠𝑡𝑖𝑡𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙'𝐸𝑢𝑐𝑎𝑟𝑖𝑠𝑡𝑖𝑎; la presenza dei bambini del catechismo che quest'anno riceveranno la prima Comunione e il 𝐫𝐢𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐥𝐚𝐯𝐚𝐧𝐝𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐩𝐢𝐞𝐝𝐢, ha significato e ricordato ciò che il Signore Gesù fece per noi durante la sua ultima cena con i suoi discepoli, ma la celebrazione vespertina di inizio non si limita a fare memoria e rendere presente Gesù nell'Eucaristia, ma ricorda anche,l'inizio della Passione del Signore, nella quale si scopre il tradimento di Giuda (e di ognuno di noi) e la preghiera intensa nel Getsemani. 

 

Venerdì Santo - "in Passione et more Domini Nostri Iesu Christi"

Il Venerdi Santo è, tradizionalmente, il giorno in cui, in tutte le chiese non si celebra il sacrificio della S. Messa. E' giorno di silenzio e digiuno, giorno di riflessione e preghiera, giorno in cui si ricorda la passione e morte del Signore Nostro Gesù Cristo. La celebrazione è contraddistinta dalla presenza "ingombrante" e preziosa, della S. Croce, prima velata e poi esposta alla venerazione dei fedeli per tutto il sabato seguente fino alla veglia pasquale;

Il canto dell'Ecce Lignum, solenne, atto ad indicare cosa rappresenta quel legno è l'indicazione che la liturgia suggestiva del venerdi santo impone come "centro": Gesù Crocifisso che muore per noi. 

Nelle 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐞 𝐨𝐦𝐞𝐥𝐢𝐞 il parroco ci ha guidato verso la consapevolezza che solo il riconoscere la signoria di Cristo e l'amore verso il prossimo ci possono salvare dalla condanna e dal peccato. Oggi, in particolare, nella 𝐬𝐮𝐠𝐠𝐞𝐬𝐭𝐢𝐯𝐚 𝐥𝐢𝐭𝐮𝐫𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐕𝐞𝐧𝐞𝐫𝐝𝐢 𝐒𝐚𝐧𝐭𝐨, ha posto l'accento sul fatto che ognuno di noi, grazie alla Pasqua di Resurrezione può migliorare e crescere nel cammino verso l'𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐃𝐢𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐚𝐥𝐯𝐚; un amore che ci redime e ci regala salvezza eterna.

Veglia Pasquale - "in Resurrectione Domini Nostri Iesu Christi"

Il sabato santo, pur aprendosi senza canti, sfocia da subito, dopo la preparazione e benedizione del cero pasquale nel grande canto dell'Exultet "Esulti il coro degli Angeli, esulti l'assemblea celeste, un inno di Gloria saluti il trionfo del Signore Risorto...": il fuoco ardente, acceso in onore di Dio, ha illuminato l'oscurità a simboleggiare il passaggio dalle tenebre della morte alla luce della vita eterna.
Poi il racconto della pasqua ebraica con il passaggio del Mar Rosso, l'annuncio dell'Alleluia e il suono delle campane a festa nel mezzo della notte e il racconto del vangelo della scoperta della risurrezione del Signore. Da qui in avanti una grande festa di parole e luci: di gioia. Risurrezione ė certezza della vittoria di Cristo sulla morte, del bene sul male, della speranza sull'angoscia e sul dolore.


Nell'omelia ci ė stato ricordato come la gioia e l'ottimismo del cristiano siano da ispirarsi e mostrarsi sempre, anche nelle difficoltà e come segno distintivo rispetto a chi non crede: la certezza che il Dio della vita non ci abbandona mai, ci guida e sostiene sempre perché ha vinto il peccato e la morte e quindi non permette che le vicende negative della vita, qualsiasi esse siano, abbiano la meglio su di noi.

Allora buona Pasqua di Risurrezione a tutti, che la luce del Cristo Risorto ci illumini e ci guidi verso la vita nuova!

 

 

 

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